«Scriverò dell’albero della protezione. La caratteristica propria di mutare.
Le sue mute, quasi scorticamenti di pelle.
Scrivo con gli alberi, assieme a loro. La mia vita è infibrata del loro esistere.
Si fa espressione dei sentimenti più puri.
Si chiama: DEVOZIONE».
[Nina Maroccolo]
«Fuori da ogni gnomica astrazione, e con una gran dose di devozione assoluta a questo verde Credo di saggezza, sebbene sempre più allarmata per la crisi in atto – Nina Maroccolo ha qui costruito e sintetizzato il suo percorso artistico come una mappa misterica e prodigiosamente ancestrale dentro tutte le ombre e le luci di una grande ricerca o foresta inesausta…».
[Plinio Perilli]
«L’artista elabora così le sue ricerche en plein air, concetti ed elaborazioni visuali di grande forza evocativa e intensità spirituale, giocando sui temi e sulla Natura attraverso il tempo, come in un concetto cartesiano non esplicitato, distraendo la Natura dal suo stesso divenire e dal suo continuum. E l’eucalipto diventa altro, tramite l’aria, la luce, le muffe, la sua sedimentazione naturale. E l’eucalipto, quindi l’oggetto naturale e perciò la Natura, diventa oggetto d’arte, si fa arte, come si diceva una volta».
[Claudio Crescentini]
«Nina Maroccolo è questo paziente, metodico, ispirato
Artifex che con callide manipolazioni e tecniche di abluzioni
Trasduce l’eucaliptico fogliame e cortecciame
In un magico paesaggio inedito».
[Marco Palladini]
«Tra lirica e fotografia, in una devozione profondissima e commovente, Nina attraversa dal vajrayāna all’ars combinatoria, smuovendo le segrete rispondenze ermetiche, fotografando le cicatrici di una donna che ha guardato in faccia la vita, la morte, la resurrezione, il dolore e l’estasi della gioia, e ha ritrovato una tale armonia con la Natura da riuscire a scioglierne il misterioso cuore.
[…] Nina è riuscita a produrre un balsamo – veram medicinam – che concilia mistica e scienza, arte e natura, toccando tematiche di stringente importanza: la violenza, il cancro, la crisi ambientale… la Grazia, Dio, Avalokiteśvara…».
[Vincenzo Notaro]
«Nina se l’inghiotte, il Tempo, lo irride o gli è devota, con la sua piccola Nikon fedele, quasi briose prove di tettonica, anima orografica: carmi o labirinti petrosi, porosi, cicatrici di segni – dunque nuovi gesti con cui romanzare l’impossibile forma dell’Informale, riazzerarlo non più a pensiero, a stilema, ma a frammento da riabitare, riabilitare di sguardi…».
[Plinio Perilli]
«Quando ero piccola amavo il disegno: pensavo fosse la più grande delle invenzioni. Poi compresi che più disegnavo le forme, la mappatura dei colori, e le cose che vedevo, più capivo che ero io a inventarmi. E questo gioco tra me e le cose era ciò che avevo in cuore. E le cose, tutte le cose, ogni volta si reinventavano.
[…] In realtà, stavo già formulando ciò che per me rappresentava l’arte. […] Tutto ciò che imparavo non doveva servire soltanto a me, ma andava condiviso.
[…] Ho sempre indagato il male, moltissimo nella scrittura, pure nelle realtà sociali. […] Non riuscivo a capire La banalità del male. Allora entrai, ancora di più, nella Storia. La studiavo e diventai ossessiva. Un’altra domanda si presentava alla porta: perché l’uomo primitivo ancestrale non era cattivo, e quello che vivevo io, nel mio tempo, era tanto crudele? Bisognava tornare indietro, ritrovare l’uomo primigenio?
Dovevamo tornare all’origine di tutte le cose? Reinventarci ancora?
Quando i demoni ti vengono a trovare, non li aggiri come un salto all’ostacolo. Bisogna incontrarli, affrontarli. Perché arrivavano, cosa volevano?».
Nina Maroccolo, Autobiografia per appunti, in La Rivoluzione degli Eucalipti.
Nina Maroccolo (Massa, 1966 – Roma, 2023), scrittrice, cantante, artista, performer, sempre votata a una grande sensibilità e resa sinestetica delle sue opere e magiche interpretazioni. Ha condotto una ricerca legata alla simbologia e alla metamorfosi dell’universo Natura, cercando e felicemente trovando l’unitarietà tra prosa lirica, ricerca visuale, musicale e fotografia visionaria.
Dopo i primi anni trascorsi in Sardegna, approda a Firenze, dove s’è formata dedicandosi agli amati studi d’arte. Erano anche gli anni dei primi gruppi pop-rock della scena anni ’80, è tata mezzo soprano nel coro a otto voci della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, ha fatto parte dell’etichetta discografica indipendente CPI. Poi vive un’esperienza editoriale come la City Light Italia di Lawrence Ferlinghetti e Antonio Bertoli.
Esce nel ’99 Il carro di sonagli, il suo primo libro tra poesia, prosa e canzoni (con prefazione di Alda Merini). Le nasce un forte impegno civile che, coi lucidi consigli di Eraldo Affinati, la porta a scrivere un testo forte e originale come Annelies Marie Frank (Empirìa, 2004), moderno romanzo in versi sulla figura della celebre eroina del “Diario”, finalmente indagata nei suoi doni d’adolescente già saggia e libera, disperata e ironica, nonostante le jatture feroci della Storia.
Nina Maroccolo ama poi trasformare i suoi libri in spettacoli, che canta e inscena con talento e ardimento. Nel 2004, l’Anna Frank entusiasma gli spettatori, attentissimi e quasi rapiti, del Teatro Vascello, a Roma.
È l’anno in cui si trasferisce nella Capitale, e comincia a stendere una fascinosa trilogia, “I posteri del Moderno”, fra poesia (Illacrimata, Tracce, 2011, saggio introduttivo di Paolo Lagazzi), romanzo (Animamadre, Tracce, 2012 prefaz. di Fabio Pierangeli, postfaz. di Ubaldo Giacomucci) e racconto (Malestremo, “Sedici viaggi nell’Altrove” prefaz., di Marco Palladini).
Con Marco Palladini, autore e regista, mette in scena uno spettacolo memorabile, Me Dea, in cui recita e canta (assieme a Giulia Perroni, Roma, L’Aleph, 2014), sublimando e lievitando il Mito in una direzione, mozione ed emozione «assolutamente moderni».
Negli ultimi anni emerge, con levità e un profondo impegno ecologista, la sua visione di artista insieme materica e simbolista, fotografa astratta e concettuale.
La rivoluzione degli eucalipti è la sua consacrazione, una grande mostra (Roma, Galleria d’Arte Moderna, maggio-ottobre 2021), con cui Claudio Crescentini le consente di allestire le sue opere materiche infibrate e vegetali come un grande appello alla Terra…
«Con le opere della Maroccolo» rileva Crescentini «non è più la visione, ad esempio, di un paesaggio dipinto a rapirci l’anima o i colori variopinti di un giardino in primavera fotografato e/o dipinto a lasciarci estasiati. O il rosso del tramonto tra le distese di prati in fiore a tenerci attoniti, perché la Natura di Maroccolo non è più riprodotta tramite l’Arte ma (ri)creata tramite sé stessa».
Il catalogo è un vero e proprio libro d’arte – curato da Plinio Perilli, suo compagno di vita, edito da Disvelare edizioni, art direction di Vinz Notaro –, dove la prosa lirica di Nina scivola nel racconto, ma anche s’impenna in toni gnomici e gnostici, radicandosi a rito e afflato di Natura:
«Scriverò dell’albero della protezione» intona Nina, «La caratteristica propria di mutare. Le sue mute, quasi scorticamenti di pelle. Scrivo con gli alberi, assieme a loro. La mia vita è infibrata del loro esistere. Si fa espressione dei sentimenti più puri. Si chiama: DEVOZIONE».